L’attività Didattica

Seminario

Bisogna suonare quello che si sente …
non quello che si sa.

Programma

Introduzione:
inizia il seminario con l’esecuzione di un brano per batteria del docente.
Presentazione del docente:

Fase 1.
Spiegazione della particolarità del seminario

Fase 2.
Conoscenza degli allievi e loro individuali interpretazioni di brani per la comprensione delle capacità musicali e del livello da loro già raggiunto

Fase 3.
Breve storia della batteria

Fase 4.
Esercitazione per evidenziare la differenza fra una esecuzione e invece l’espressione della propria personalità musicale

Fase 5.
“Lo sviluppo della batteria e le sue evoluzioni” Esempi di diversi modi di intendere e suonare la batteria dei più grandi maestri internazionali

Fase 6.
Esercizi vari di tecnica strumentale per l’approfondimento dello studio sotto l’aspetto musicale

Fase 7.
Alcune nozioni su particolari ritmi del mondo

Il mio libro

Chi Sono

Salve, sono un musicista, e vorrei parlarvi un po’ di me.

Da bambino mi ero costruito una batteria con i fustini del detersivo. Un giorno un amico mi invitò a casa sua e mi mostrò una bellissima batteria luccicante che aveva montato nel salotto. Fu cosi che, sedutomi per provarla, mi innamorai. Da allora, ragazzino di appena nove anni, ho continuato a coltivare questa passione. Ancora oggi il mio più grande amore è lei: la batteria.

Ho partecipato a di versi seminari con alcuni jazzisti di calibro nazionale e internazionale come Elvin Jones, Jack De Johnette, Jimmy Cobb, Peter Erskine, Paul Motian, Roy Haynes, Art Blakey, Bruno Biriaco. Con questi maestri mi sono avvicinato al mondo del jazz: è stata un’esperienza bellissima ed emozionante; se oggi sono arrivato fin qua con il mio bagaglio musicale è grazie a loro e alle centinaia di dischi che ho ascoltato e che tuttora riempiono le mie giornate.

L’insegnamento che ancora oggi mi porto dentro è stato quello di studiare, ma di farlo con la massima rilassatezza, badando molto più alla musicalità che alla velocità.

Ricordo un seminario con il grande Jimmy Cobb. !:ultimo giorno ci disse: “questo significa portare il tempo” facendo riferimento a tutti gli allievi che cercavano di mettere in mostra la loro bellissima tecnica pur non possedendo un minimo di musicalità. Anche questo è stato un grandissimo insegnamento. Per un lungo periodo ho fatto gavetta, adattandomi a suonare un po’ di tutto, in qualsiasi contesto. La mia fortuna, in quegli anni, è stata di aver conosciuto molti musicisti bravissimi, italiani e d’oltreoceano, e di aver suonato con loro. Si tratta di, persone di un’umiltà unica e, perciò, grandi uomini e grandi musicisti. Tra i tanti, voglio ricordare Luis Agudo, una persona stupenda, dotata di un animo dolcissimo e di una musicalità straordinaria: mi auguro di fare altre cose con lui e di registrare un album insieme.

Dopo anni di vagabondaggio nei territori del rock e di contaminazioni varie, iniziavo ad avventurarmi nelle jam session dei vari locali della zona. Oramai avevo raggiunto un’intesa forte con i musicisti con i quali suonavo, tanto da non avere più la necessità di provare le musiche da eseguire.

Ogni serata era una sorpresa anche per noi: non sapevamo mai i pezzi che avremmo suonato né cosa ne sarebbe venuto fuori; non esisteva più una scaletta e ogni concerto era una bellissima jam, ricca di idee ed emozioni.

Un giorno, mettendo quasi per gioco le mani sul pianoforte, mi sono scoperto capace di produrre melodie, a parer mio belle e intense. Ho deciso di metterle su carta e di sviluppare un mio progetto musicale.

Nasceva così la mia band, Pietro Vitale Jazz Combo.

La prima edizione della band è stato un trio con Fausto Ferraiuolo al piano e Tony Ronga al contrabbasso, con i quali nel 1996 abbiamo registrato il primo cd, la mia musica.

Dopo varie esperienze e concerti in giro per l’Italia, nel 1997 mi sono trasferito in Brasile, a Rio De Janeiro, dove sono entrato in contatto con la bellezza di quella terra, la grande umiltà della sua gente; ho respirato a pieni polmoni l’aria musicale e penetrato l’infinito caleidoscopio di ritmi delle diverse etnie esistenti in quel paese/continente. Tra le altre cose, ho avuto modo di studiare il vero samba e tutte le sue variazioni insieme al batte rista Pascoal Meirelles. Ho imparato molto della cultura musicale carioca suonando con grandi musicisti, fra i quali Idriss Boudrioua, Paulo Russo, Mauro Senise, Dario Galante.

Affascinato da questa esperienza, sono rientrato in Italia e, dopo poco tempo, sono ritornato in studio per registrare il secondo album , Então Está, un’espressione gergale brasiliana che si può tradurre “E va beh!… È cosi!…”.

Il gruppo è stato completamente rinnovato e ampliato grazie a Francesco Lo Cascio al vibrafono, il giovanissimo Julian Oliver Mazzariello al piano, Attilio Zanchi al contrabbasso. In più, la band è stata arricchita dalla tromba di Marco Brioschi e dai sassofoni di Tino Tracanna.

Il vibrafono, introdotto con Então Está, ha conferito il giusto equilibrio alla musica del gruppo. Da quel momento ne avrebbe fatto parte stabilmente, finendo col sostituire il piano. Sempre seguendo l’impulso a ricercare nuove sonorità, l’organico del Jazz Combo è stato ulteriormente ampliato, fino ad arrivare a ben dodi ci elementi, grazie all’aggi unta dì Luigi Vitale (mio figlio) al vibrafono , Ivan Iannone al violoncello, Aldo Vigorito al contrabbasso, Emidio Ausiello alle percussioni, Nicola Ferro al trombone, Roberto Martinelli ai sax e Ferdy Mazzariello alla voce.

Con quest’organico ho realizzato, nel 2000, l’album Such Monkey (Sacce manch’ie), che ha riscosso e continua a riscuotere grandi consensi.
La sperimentazione di nuove sonorità è continuata: ho lavorato sulle percussioni, inserendo steel drums, timpani, glock, marimba, ma anche su voci e sezioni di archi. È una ricerca che ha condotto a Colori dell’Anima, l’ultimo album della band che, oramai cresciuta, è divenuta Pietro Vitale Ensemble.

La mia anima irrequieta è sempre alla ricerca di nuove emozioni. In questi ultimi anni sono stato due volte in India e mi auguro quanto prima di approdare in Africa, la Grande Madre, non solo di tutta la musica, ma anche di tutta l’umanità.